13 novembre 2013

Lupé: la tristezza

Continua dal post del 2 ottobre sulla collera.
Anche questo articolo, come i precedenti, è tratto dai testi dei coniugi Goettmann e J. Leloup



Tutte le passioni conducono alla tristezza: è il segno più eclatante del distacco dell'essere da Dio. Non si tratta di quello che chiamiamo generalmente "cattivo umore" a livello psicologico, ma di una sorta di prostrazione che domina le profondità dell'inconscio, riempiendolo di amarezza. Si tratta di un sentimento di delusione e disincanto, di una totale mancanza di speranza per l'insoddisfazione di desideri, pulsioni, ambizioni...E' un accanimento di concentrazione sul finito, che non riesce a colmare lo struggente desiderio di infinito. Una gioia infatti non potrà mai essere durevole se dipende da cose esteriori, effimere e mutevoli per definizione.

Frustrato fino allo stremo delle forze quest'uomo cade nella depressione e si chiude in un circolo vizioso. La sua tristezza è pesante, lo schiaccia fino a terra, gli impedisce la concentrazione, la preghiera e la lettura spirituale. La disperazione produce rancore e aggressività, e invade tutto il corpo.

La diagnosi di questa malattia spirituale è tanto più facile se ci poniamo di fronte a quello che è l'atteggiamento fondamentale del cristianesimo: la gioia. Vangelo significa Buona Notizia: Cristo è risorto. Secondo i Padri della Chiesa non esiste un peccato più grave dell'essere insensibili all'evento della Resurrezione. Non esiste tradimento più condannabile per un discepolo di Cristo dell'essere senza gioia. Perché essere in Cristo significa essere nella gioia: "Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena" (Giovanni 15:11).
La gioia è un segno indiscutibile del progresso spirituale. "State lieti, tendete alla perfezione" (2° Corinzi 13:11). Senza gioia non c'è santità. Santa Teresa di Lisieux era solita ripetere: "Un santo triste è un triste santo!".

E infatti la gioia è il sacramento dell'amore, ne è il fiore più bello, il raggio più luminoso. Dove non c'è gioia non c'è amore. La gioia è la nostra unica vocazione, poiché è il segno di riconoscimento della verità. Siamo chiamati alla gioia: "Rallegratevi nel Signore sempre, ve lo ripeto, rallegratevi!" (Filippesi 4:4). La gioia non si può definire o descrivere, nella gioia si entra e basta! Entra nella gioia del tuo maestro! (Matteo 25:21)

La tristezza è lo spossamento che deriva da tutte le passioni smodate. La gioia è dunque il segno di una purificazione dalle passioni. La gioia è i segno del definitivo distacco da se stessi. La gioia abita coloro che dicono "per me vivere è Cristo" (Filippesi 1:21) e che nella preghiera contemplano senza stancarsi il Volto dell'amato. E' una gioia che nessuno può turbare o togliere, poiché dipende solo da colui che abita le nostre profondità.

continua nel prossimo post sui vizi capitali o otto passioni maggiori