24 febbraio 2020

FILARGURIA


Non si tratta soltanto dell’avarizia, ma di ogni forma di attaccamento ad un “avere”, qualunque esso sia. 
È interessante la storia di San Giovanni Cassiano che, entrando in monastero, aveva lasciato grandi beni ma, una volta entrato, divenne incapace di separarsi dalla sua gomma per cancellare; era più forte di lui, non poteva imprestarla a nessuno!

Questo esempio chiarifica quegli attaccamenti morbosi ed irrazionali che si possono avere non soltanto nei confronti dei beni materiali, ma anche di un’idea, di un’abitudine. Vi è una sorta di identificazione con ciò che si possiede; perdere qualcosa è come perdere una parte di se stessi.

Una delle radici inconsce di questo comportamento si situerebbe allo stadio anale. Quando il bambino, identificandosi col proprio corpo, prova qualche terrore vedendolo “decomporsi” sotto forma di materie fecali; se la madre non gli è accanto per rassicurarlo e ringraziarlo “di quel gentile regalo”, potrà provarne un certo timore che lo condurrà a chiudere gli sfinteri o, al contrario, a voltolarsi nei suoi escrementi. L’educazione alla pulizia non è cosa facile e ogni uomo conserva nel suo inconscio delle tracce più o meno dolorose di quell’epoca della sua vita; esse si manifesteranno sotto forma di ossessione verso il corpo (positiva o negativa), di tensione, di stitichezza e, a livello psicologico, di contrazioni patologiche su possessi accumulati.

Gli antichi sembrano aver penetrato la radice inconscia di tutto questo quando chiedono ai loro monaci di “meditare sulla morte” * e di prendere coscienza che “tutto ciò ciò che è composto andrà un giorno in decomposizione” per diventare così liberi da ogni possesso terreno. **

Essere avaro, accumulare ricchezze, tenere per sé, significa conservare il vapore sul vetro della nostra esistenza: tutto questo non tarderà a svanire; ciò che conta è cogliere il carattere mortale di tutte le forme, ma anche il valore eterno di ciò che rimane, dell’Increato che ci abita. Per gli antichi, si tratta di scoprire ciò che per l’uomo ha veramente valore. “Lasciare l’incerto per il certo”, “vendere tutto ciò che si possiede per acquistare la perla preziosa”… 
A questo proposito, nel vangelo non mancano le parabole: “Là dov’è il tuo tesoro sarà anche il tuo cuore”.

Questo tesoro è transpersonale. È la vita divina in ognuno di noi. È l’amore, questo tesoro che paradossalmente “si moltiplica nella misura in cui lo spendiamo”.

Così, per i Padri, l’avarizia è una grave malattia, nel senso che impedisce in noi la sanità del cuore, ossia la generosità, la comunione e l’apertura alla vita. L’avarizia mantiene in noi la paura di amare. La “filarguria” ci priva del piacere di partecipare alla generosità e alla gratuità (grazia) divina, perché “c’è più gioia a dare che a ricevere”.

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*A me viene in mente la scena indimenticabile del film “Non ci resta che piangere” in cui compare Massimo Troisi affacciato ad una balconata; 
un monaco, di passaggio sulla strada sottostante, gli rivolge la parola dicendogli “Ricordati che devi morire!… Ricordati che devi morire!”, e Troisi risponde “mò me lo segno….” Davvero esilarante!!!
**Vedi anche il mio post “Tutto si dissolverà” 
https://enricoderrico.blogspot.com/2019/12/tutto-si-dissolvera.html

17 febbraio 2020

GASTRIMARGIA






Oggi si conoscono le conseguenze che possono lasciare certi traumi vissuti dal bambino nelle sue relazioni con la madre specialmente all’epoca dell’allattamento o dello svezzamento. Certi comportamenti anomali dell’adulto manifestano una fissazione detta “allo stadio orale”. L’ansietà e l’angoscia possono far regredire una persona a comportamenti infantili. Essa cercherà una soluzione al proprio malessere ingurgitando una grande quantità di alimenti o di bevande (bulimia) o al contrario rifiutando qualsiasi alimento e bevanda (anoressia). 

Fra gli antichi monaci molti sono stati affetti da bulimia (quelli che generalmente vengono rappresentati con le guance rotonde sulle etichette del camembert o dei liquori…); ma ci sono stati anche molti anoressici (quelli che vengono rappresentati con le guance incavate perché nutriti di pane secco e acqua).

I Padri hanno notato in questi comportamenti qualcosa di patologico; agli eccessi preferiscono la misura, l’equilibrio, la discrezione e, per pervenire ad una certa padronanza dell’oralità e delle pulsioni inconsce che la animano, propongono come rimedio non soltanto un digiuno moderato (alimentazione non eccessivamente piccante e con poca carne), ma anche la pratica della preghiera “orale”: il canto degli inni e dei salmi ha lo scopo, certo, di adorare e lodare Dio ma anche di procurare pacificazione.

Nei Racconti di un pellegrino russo il pellegrino propone ad un capitano incline al bere di leggere a voce alta il vangelo ogni volta che sente l’impulso di dirigersi verso la bottiglia. Ciò provoca una salivazione sufficiente per calmarlo ed eliminare la voglia di bere.

Gli antichi Padri non mancavano di umorismo; essi proponevano di ruminare e masticare la Parola di Dio. Avevano una profonda conoscenza dell’essere umano e di certe forme di malattie psicosomatiche.

Dal punto di vista di una terapia transpersonale, si trattava per essi di passare dalla “gastrimargia” presa nel senso di consumazione, “all”eucarestia”, che significa “comunione”, “azione di grazie”; non più soltanto “consumatori” ma uomini eucaristici. Certuni interpretano il peccato originale come un peccato di “gastrimargia”. Il “frutto” che simboleggia l’universo materiale, è stato considerato come oggetto di consumazione e non come il luogo della comunione con l’Essere che è alla sua sorgente e origine: il Creatore.

Vi è un modo di “consumare” e, di conseguenza, di sprecare la vita che è lo stato di coscienza dell’uomo comune, e vi è un modo di “essere in comunione” con la vita che è lo stato di coscienza dell’uomo spirituale.

Essere libero da questa gastrimargia, da questa “ansia di consumo” rende l’uomo capace di vivere ogni cosa in stato di “eucarestia”, di rendimento di grazie. Come diceva san Paolo: “Che voi mangiate o che voi beviate, fate tutto per la gloria di Dio”.

10 febbraio 2020

La cucina per l'infanzia




Non credo ai miei occhi quando vedo mamme stressatissime correre verso l'asilo per depositare i propri bambini e recarsi in ufficio...




Non credo ai miei occhi quando vedo quali alimenti acquistano per alimentare quegli stessi bambini: latte d'asina, omogeneizzati di pollo, banane e yoghurt.....



Non credo alle mie orecchie quando sento che è proprio il loro pediatra ad avergli suggerito tale regime alimentare.......




Allora, quando parlo alle mamme che frequentano i miei corsi, il primo concetto su cui cerco di fondare l’edificio del mio insegnamento è quello del recupero del buon senso e della fiducia nell'istinto naturale. 
Lo stile di vita che abbiamo creato, con ritmi stressanti, informazioni fuorvianti, scarso tempo per prenderci cura di noi e riflettere sui nostri reali bisogni, ci allontana sempre più dal centro, generando malessere e disagi di vario genere. Quando i disagi si fanno più visibili ci si rivolge supinamente alla medicina e alla dietetica ufficiale come se fosse l’unica possibilità esistente.



Questo è il comportamento di uno schiavo, non quello di un essere umano libero. Mi impegno da 30 anni per sostenere coloro che vogliono liberarsi dal giogo di questo vecchio sistema di cose ormai agli sgoccioli; le persone che si rivolgono a me sono disorientate, spaventate e preoccupate. Sono state abituate a non porsi domande né sulla giustezza delle imposizioni della società né sui propri bisogni interiori. Io ho il compito di accompagnarle in un percorso avventuroso alla scoperta di se stessi, una strada dove imparano a prendersi cura amorevolmente di sé nutrendosi di buon cibo preparato con consapevolezza.




Insegno alla gente a smettere di focalizzarsi sui diritti: pensare a propri diritti significa ammettere implicitamente di essere schiavi di un potere che ce li nega. 

Insegno invece a pensare al proprio dovere: il dovere di divenire guerriere e guerrieri che maneggino rettamente la spada della Verità per sgominare l’ignoranza, squarciare il velo dell’illusione e ritrovare il nostro glorioso retaggio: l’appartenenza al divino.



I nostri figli sono un dono del cielo: abbiamo il grande privilegio di ospitare creature preziose ma delicate. E' fondamentale, prima di fare delle sciocchezze, conoscere le leggi che governano l'esistenza e che ci permettono di liberarci dall'odiosa meccanicità che permea ogni nostra scelta.




Spesso i genitori si rivolgono a me quando ormai hanno già fatto un sacco di idiozie in ogni aspetto dell'educazione e della crescita del loro figlio.
Meglio sarebbe se mi consultassero ancor prima di concepire il bimbo.


Comunque, questo post è scritto e pubblicato affinché coloro che d'ora innanzi si iscriveranno ai miei corsi di alimentazione per l'infanzia sappiano bene a cosa vanno incontro. Detto così, lo so, suona quasi un po' come una minaccia, ma non è colpa mia se vi accoppiate e fate figli spinti più dalle convenzioni sociali che dal sano piacere di portare più bellezza sul pianeta mediante una nuova famiglia; lo fate più che altro perché avete un insaziabile bisogno di riempire il vostro vuoto esistenziale piuttosto che spinti dall'amore.


In primavera avrò il privilegio di condurre un nuovo seminario per
voi genitori: sappiate che non ho intenzione di spaventarvi ma neanche di soddisfare le vostre      aspettative. 
Quindi, ad esempio, quando mi chiederete:
  • se va bene il latte d'asina per i vostri figli, come minimo vi risponderò: "certo, se volete che raglino!"
  • che ne penso della carne di pollo per i bambini, non potrò fare a meno di menzionare i numerosi casi di maschi a cui poi comincia a crescere il seno, o di femmine che hanno le mestruazioni a nove anni, a causa degli ormoni con cui vengono nutriti i pennuti.

Enrico D'Errico

9 febbraio 2020

I KING: l'esagramma 27 e il nutrimento


I KING
27. I -  Gli angoli della bocca (l’alimentazione, il nutrimento, il sostentamento)




 sopra      Kenn,    l’Arresto,    il Monte 





 sotto      Cenn,    l’Eccitante,  il Tuono





Il segno è l’effigie di una bocca aperta; sopra e sotto, le labbra intere e, fra queste, l’apertura della bocca. Dall’immagine della bocca per la quale si ingeriscono i cibi per nutrirsi, l’idea passa all’alimentazione stessa. Nelle tre linee inferiori è rappresentata l’alimentazione vera e propria, precisamente quella corporea; nelle tre linee superiori è rappresentata l’alimentazione e la cura dei degni e precisamente quella spirituale, superiore.

la sentenza

Gli angoli della bocca. Perseveranza reca salute.
Guarda all’alimentazione ed alle cose con le quali un uomo cerca egli stesso di riempirsi la bocca.
Accudendo alla cura e all’alimentazione è altrettanto importante occuparsi di quelle persone che lo meritano, quanto del modo giusto di alimentare se stessi.
Volendo conoscere qualcuno basta osservare il genere delle persone alle quali rivolge le sue cure e quei lati della propria indole che costui cura e alimenta.
La natura nutre tutti gli esseri. Il grand’uomo alimenta e cura i capaci per provvedere attraverso questi alla cura di tutta l’umanità.
Mong tsë, VI, A14, dice a questo proposito: “Se si vuol riconoscere se qualcuno è capace o inetto non occorre guardare ad altro che a quale parte del suo essere egli da particolare importanza.
Il corpo ha delle parti nobili e delle parti ignobili, ha delle parti importanti e delle parti insignificanti.
Non bisogna danneggiare l’importante per amore dell’insignificante e non danneggiare il nobile per amore dell’ignobile.
Chi cura le parti insignificanti del suo essere è un uomo insignificante.
Chi cura le parti nobili del suo essere è un uomo nobile”.

l’immagine
Al piede del Monte è il tuono:
L’immagine dell’alimentazione.
Così il nobile sta attento alle sue parole
Ed è moderato nel mangiare bere

“Dio compare nel segno dell’eccitamento”. Quando in primavera le energie vitali cominciano a ridestarsi tutte le cose spuntano di nuovo alla luce.
”Egli le compie nel segno dell’arresto”.
Così alla fine dell’inverno, quando i semi cadono a terra, tutte le cose diventano Compiute. 
Ciò evoca l’immagine dell’alimentazione per moto e quiete. Il nobile prende ciò a modello per l’alimentazione e la cura del suo carattere. Le parole sono un moto che va dall’interno verso l’esterno. Mangiare e bere sono moti che vanno dall’esterno verso l’interno. Ambo i generi di moto vanno moderati dalla quiete. Così la quiete fa sì che le parole uscenti dalla bocca non oltrepassino la misura e che il nutrimento entrante nella bocca non oltrepassi la misura. 
Questa è la cura del carattere. 


Questo esagramma (27) parla di nutrimento fisico e spirituale insegna che vi sono due categorie di esseri umani, ognuno con il loro modo di nutrirsi; uno si nutre in modo ignobile, l'altro in modo nobile e con ciò che ne consegue reca beneficio anche agli ignobili.

Gli ignobili
Sono le persone addormentate, quelle che dalla vita vogliono solo prendere.
Gli ignobili nutrono soltanto le parti inferiori (fisiche, emotive e mentali); mangiano oltre la sazietà per il solo piacere dei sensi o per ostentare ricchezza che non hanno. Si saziano di immagini pubblicitarie e post su Facebook, di notizie al telegiornale che aumentano in modo spropositato la loro rabbia e l’odio che poi riversano su genitori, partner, figli, colleghi di lavoro, stranieri, eccetera. Si sostentano con alimenti confezionati, inscatolati, già pronti all’uso e comprano ogni cosa che gli spot televisivi gli indicano; questi alimenti sono stati manipolati industrialmente e privati della vitalità: nutrendosene la fame diventa insaziabile perché non sostenta la vita ma provoca a lungo andare malattie e sofferenze per le quali poi gli ignobili imprecano contro Dio.  
Non hanno tempo per cucinare o coltivare prodotti ortofrutticoli, le loro dispense sono colme di dolciumi, scatolette varie, latticini e non si chiedono nemmeno da dove provengono, quali violenze hanno subito gli animali e a quali trattamenti chimici sono stati sottoposti frutta, verdura, semenze e legumi.
Questi ignobili hanno sempre la bocca aperta che dice “dammi, dammi!”. Sono egoisti e gelosi, usano violenza per appropriarsi dei beni d’altri; sono possessivi, tiranni e non condividono nemmeno un boccone di pane con il prossimo. Godono del male altrui e vogliono stare nei posti migliori, quelli in alto, che spettano solo ai nobili. I loro corpi animici sono inesistenti ma si credono superiori, non fanno un minimo di sacrificio, tolgono dalla loro vista tutto ciò che li infastidisce come ad esempio tagliando un boschetto di pini antichi perché toglie loro la vista sul panorama, devono avere il controllo di ogni cosa; ammazzano la moglie perché è un impedimento alla loro espansione vorace, violentano, picchiano per appagare gli istinti bestiali che hanno alimentato con cibo inappropriato.
La loro mente è in delirio e le emozioni sono allo sbando.
Rispondono colpo su colpo, le loro parole sono sempre troppe e suonano come bestemmie; si lamentano di tutto ma non muovono un dito per cambiare.

I Nobili 
Sono le persone illuminate o risvegliate; esse si donano e donano all’universo intero.
Sanno che la salute è anche la conseguenza di una corretta alimentazione. Essi si osservano e osservano ciò che introducono nel corpo; sono consapevoli del ruolo che ha il cibo, da dove origina, con cosa e come si riempiono la bocca (ciò che entra); sono di buone parole, stanno attenti a ciò che dicono ma soprattutto quando parlano, parlano al cuore e usano espressioni che rinvigoriscono, acquietano, frasi di pace, vita e gioia; sovente le loro parole risuonano come schiaffi che ti svegliano da un lungo sonno o da un sogno. Usano moderazione anche per ciò che esce cioè, nel nutrire gli altri, non dicono troppo e non dicono troppo poco: dicono il giusto.
I nobili hanno percorso la via di mezzo fino al pieno dominio di sé ed è per questo che possono alimentare il popolo con il loro esempio ed insegnamento.
Quindi essendo moderati nel parlare e moderati nel mangiare e nel bere sono sostenuti e sostentati dalla Vita; infatti essa si prende in carico anche ogni loro preoccupazione e necessità.
I nobili si nutrono di cibo vivo e quel tanto che basta per mantenere efficiente corpo, mente e spirito.
Quando, davanti ad un allarme di possibile terremoto, epidemie o imminenti guerre, le persone si accalcano nei supermercati per fare incetta di cibo, mangiano oltre misura, mangiano sino a deformare il loro corpo, pensando che in tempi di carestia quelle scorte e quegli accumuli di grasso corporeo saranno necessari alla loro sopravvivenza: si sbagliano davvero!
Qualcuno disse: “Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà” (Matteo16:25). I fatti dimostrano proprio la veridicità di questa affermazione biblica: è proprio il nobile colui che ottiene la vita perché è moderato e quieto, specialmente per quanto riguarda l’alimentazione visto che gli basterà poco, molto poco per vivere: egli resta al centro dove la vita scorre. È un saggio che osserva l’andirivieni del mondo, la disperazione, l’incapacità degli ignobili di uscire dalla stanza ostruita a causa di un corpo così intasato. Il nobile non può portarli fuori dalla stanza ma semplicemente apre una finestra poiché sarà la luce stessa che vi entra a indicare loro la via, sempre che vogliano percorrerla.

Gli effetti del tempo del nutrimento sono realmente grandi
Il cielo e la terra alimentano tutti gli esseri.
Seguire l’insegnamento di persone che hanno acquisito una saggezza superiore è un dovere ma anche un piacere nobile. Chi ha dedicato una vita intera alla ricerca spirituale e al corretto modo di nutrirsi come ad esempio Enrico D’Errico, non va trascurato. Egli infatti si prodiga da anni alla diffusione dell’insegnamento in merito all’alimentazione naturale più adatta per gli esseri umani, per favorire la realizzazione del Regno di Dio sulla terra. È da tempi immemorabili che l’umanità conduce una vita insignificante e infernale e quando si presentano queste possibilità per accedere a una vita vera e a una vera gioia di vivere, dovrebbe coglierle senza esitare ne dubitare.

Erica Bez

3 febbraio 2020

Sulle passioni maggiori




Con questo articolo riprendo a dedicarmi ad un argomento "spinoso e fastidioso". Le persone non amano prendere in considerazione di poter essere golose, vanitose o depresse. A me pare evidente che tutta l'umanità sia affetta dalle patologie descritte nelle passioni maggiori, affetta così profondamente da non rendersene più neanche conto.
Questo post quindi appartiene alla serie sulle passioni maggiori o sette peccati capitali.

Ecco il link per leggere l'articolo precedente sull'accidia, il quale contiene tutti gli altri collegamenti per i post inerenti all'argomento:
https://enricoderrico.blogspot.com/2013/12/laccidia.html

I Padri del deserto nel loro cammino anelavano all'unità con gli altri e con Dio. Desideravano discernere nell'uomo ciò che fa da ostacolo alla realizzazione del suo vero essere, ciò che impedisce lo sviluppo della vita dello spirito nel suo essere, nel suo pensiero e nel suo agire.

Evagrio Pontico distingue otto sintomi alla radice dei nostri comportamenti, sintomi di una malattia dello spirito o malattia dell'essere:
  1. Gastrimargia: non si tratta solo di golosità ma di ogni forma di patologia orale.
  2. Philaguria: non comprende soltanto l'avarizia ma tutte le forme di "stitichezza" dell'essere e di patologia anale.
  3. Porneia: non solo fornicazione, masturbazione ma ogni forma di ossessione sessuale, di deviazione e compensazione della pulsione genitale.
  4. Orgé: la collera, patologia dell'irascibile
  5. Lupé: depressione, tristezza e malinconia.
  6. Acedia: acedia, depressione con tendenza suicida, disperazione, pulsione di morte.
  7. Kenodoxia: vanagloria, inflazione dell'ego.
  8. Uperèphania: orgoglio, paranoia, delirio schizofrenico.
Questi otto sintomi avranno una lunga storia: da San Giovanni Cassiano fino a Gregorio il Grande il quale, nei "Moralia", sopprime l'acedia ma introduce l'inuidia (l'invidia) e dichiara la superbia "fuori gioco" come regina dei vizi, il che porta il numero a sette; così gli "otto sintomi" diverranno "i sette vizi capitali" il cui elenco venne diffuso dalla Controriforma. Il moralismo farà dimenticare poco a poco il carattere "medico" della loro analisi; all'origine questi vizi furono visti come una sorta di cancro psico-spirituale o di cancro del libero arbitrio che rode l'anima e il corpo umano e che distrugge la sua integrità. In effetti, si tratta di analizzare le loro influenze negative sulla libertà, che disorientano l'uomo e gli fanno perdere il senso della sua finalità teo-antropica. 

Nei prossimi articoli esamineremo brevemente alcune di queste patologie cercando, come in un trattato terapeutico, la causa dei sintomi e il rimedio che può essere proposto.
Questo articolo prosegue con quello sulla gastrimargia.

(questo e i successivi post sulle passioni maggiori sono in parte tratti dal libro "L'Esicasmo di Jean-Yves Leloup)