17 febbraio 2020

GASTRIMARGIA






Oggi si conoscono le conseguenze che possono lasciare certi traumi vissuti dal bambino nelle sue relazioni con la madre specialmente all’epoca dell’allattamento o dello svezzamento. Certi comportamenti anomali dell’adulto manifestano una fissazione detta “allo stadio orale”. L’ansietà e l’angoscia possono far regredire una persona a comportamenti infantili. Essa cercherà una soluzione al proprio malessere ingurgitando una grande quantità di alimenti o di bevande (bulimia) o al contrario rifiutando qualsiasi alimento e bevanda (anoressia). 

Fra gli antichi monaci molti sono stati affetti da bulimia (quelli che generalmente vengono rappresentati con le guance rotonde sulle etichette del camembert o dei liquori…); ma ci sono stati anche molti anoressici (quelli che vengono rappresentati con le guance incavate perché nutriti di pane secco e acqua).

I Padri hanno notato in questi comportamenti qualcosa di patologico; agli eccessi preferiscono la misura, l’equilibrio, la discrezione e, per pervenire ad una certa padronanza dell’oralità e delle pulsioni inconsce che la animano, propongono come rimedio non soltanto un digiuno moderato (alimentazione non eccessivamente piccante e con poca carne), ma anche la pratica della preghiera “orale”: il canto degli inni e dei salmi ha lo scopo, certo, di adorare e lodare Dio ma anche di procurare pacificazione.

Nei Racconti di un pellegrino russo il pellegrino propone ad un capitano incline al bere di leggere a voce alta il vangelo ogni volta che sente l’impulso di dirigersi verso la bottiglia. Ciò provoca una salivazione sufficiente per calmarlo ed eliminare la voglia di bere.

Gli antichi Padri non mancavano di umorismo; essi proponevano di ruminare e masticare la Parola di Dio. Avevano una profonda conoscenza dell’essere umano e di certe forme di malattie psicosomatiche.

Dal punto di vista di una terapia transpersonale, si trattava per essi di passare dalla “gastrimargia” presa nel senso di consumazione, “all”eucarestia”, che significa “comunione”, “azione di grazie”; non più soltanto “consumatori” ma uomini eucaristici. Certuni interpretano il peccato originale come un peccato di “gastrimargia”. Il “frutto” che simboleggia l’universo materiale, è stato considerato come oggetto di consumazione e non come il luogo della comunione con l’Essere che è alla sua sorgente e origine: il Creatore.

Vi è un modo di “consumare” e, di conseguenza, di sprecare la vita che è lo stato di coscienza dell’uomo comune, e vi è un modo di “essere in comunione” con la vita che è lo stato di coscienza dell’uomo spirituale.

Essere libero da questa gastrimargia, da questa “ansia di consumo” rende l’uomo capace di vivere ogni cosa in stato di “eucarestia”, di rendimento di grazie. Come diceva san Paolo: “Che voi mangiate o che voi beviate, fate tutto per la gloria di Dio”.