21 novembre 2014

L'insostenibile inutilità delle parole

Parole, sempre troppe parole abbiamo la tendenza a pronunciare, a colmare pause che ci sembrano imbarazzanti, ad annullare silenzi meravigliosamente eloquenti.



Negli ultimi mesi ho notato una sconcertante tendenza della gente a parlare, parlare a fiume, ininterrottamente, logorroicamente. Lo avete visto?
Noi che ci siamo fatti una certa idea su quel che sta accadendo, possiamo capire che tale tendenza è da collegarsi al fenomeno di cui ho parlato spesso in rete, e cioè la pazzia dilagante che sta colpendo coloro che non sono in grado di fare un lavoro su di sé, tutti quelli che trascorrono il tempo come schiavi lamentosi.

Parlare troppo non è solo inutile ma è anche dannoso perché fa scendere velocemente nella scala del tono, in una spirale discendente che ci porta a raffreddare sempre più il nostro cuore.
E se ho usato l'aggettivo "nostro" non è un caso; sì perché coloro che sono affetti dal virus letale della lamentela sono ancora nostri fratelli e sorelle. Li percepite così o ve ne distaccate egoisticamente?
Ciò che accade a ogni persona sulla terra è anche affar nostro; voi, come me - non dimenticatelo mai - siete Uno con tutto e tutti. Sforzatevi di restare svegli e non ricadere nell'ipnosi collettiva che avvolge il pianeta.

Come ci insegna la pratica di Ho-oponopono, quando incontrate una persona che manifesta dei disagi, avete il privilegio di assumervi al 100% la responsabilità di ciò che avete notato col vostro spirito compassionevole. Chiedete quindi sempre al divino, visto che la pace inizia con voi, di bonificare in voi le memorie e le esperienze traumatiche del passato, affinché ciò che pulite in voi possa essere ripulito anche negli altri.
La difficoltà di questo processo sta nel rimanere in uno stato empatico ma anche attenti a non identificarci col malessere altrui. Gesù stesso provava turbamento quando guardava le folle disperse come pecore senza pastore; tuttavia, ovviamente, per poterle aiutare manteneva una centratura perfetta ed era in grado di trasmettere il suo messaggio salvifico e impregnare la gente disposta ad ascoltare.

"E Gesù intraprese un giro di tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe e predicando la buona notizia del regno e guarendo ogni sorta di malattia e ogni sorta d’infermità. Vedendo le folle ne ebbe pietà, perché erano mal ridotte e disperse come pecore senza pastore.  Allora disse ai suoi discepoli: 'Sì, la messe è grande, ma gli operai sono pochi. Implorate perciò il Signore della messe che mandi operai nella sua messe'."   Matteo 9:35-38
"E, sceso, vide una grande folla, e fu mosso a pietà verso di loro, perché erano come pecore senza pastore. E cominciò a insegnare loro molte cose." 
Marco 6:34

Enrico D'Errico
 egosumanima 

13 novembre 2014

Monsieur Grenouille




Certamente non ho ancora avuto modo di sviluppare il senso dell’olfatto quanto Grenouille, il criminale super dotato protagonista del romanzo di Patrick Süskind “Il Profumo”.
Una delle scene che maggiormente mi colpì al cinema vedendo il film tratto dal libro è quella in cui Grenouille, in età adolescente, era ormai in grado di percepire l’odore di una pietra immersa in una pozza d’acqua stagnante. 


L’olfatto, quando sono tra i fornelli, mi è di grande aiuto: con la mente divisa posso concentrarmi su varie pentole contemporaneamente e dosare così la quantità di fuoco necessaria, ma col naso, prima ancora che con la bocca, posso sentire se i legumi o i cereali sono pronti o ancora indietro di cottura, o percepire se manca sale.

Quando mi accingo a fumare, godo pienamente con tutti i miei sensi ben desti: col tatto sento la bellezza del legno della mia pipa e valuto se il tabacco è al giusto punto di umidità; dopo aver goduto del crepitio del fiammifero svedese, quando accendo il fornello mi beo del rosso vivo del tabacco ardente e del fumo che se ne sprigiona; col senso del gusto le mie papille godono per quel sapore sublime, e con l’olfatto contemporaneamente percepisco anche gli aromi delle volute dense che si sollevano dalla pipa e fuoriescono dalla mia bocca: ah, che meraviglia!

Tutto ciò è avvenuto anche stamattina, mentre mi accingevo a scrivere queste righe, al mio rientro da un paio d’ore dedicate a spaccare e segare tronchi di legno. Che cosa stupenda conoscere i diversi odori del legno! Alcuni ceppi erano molto bagnati, impregnati da mesi di pioggia quasi incessante e il loro odore era buonissimo, ovviamente indefinibile col mezzo verbale….
Ma il legno non comunicava soltanto qualcosa di percepibile con l’olfatto: c’era un che di gioia e sapienza in quel che vedevo, una grande e generosa bellezza fatta di splendide venature, di crescita anelante alla luce, alla virtù evolutiva del sole.

Niente a che vedere con la “voracità olfattiva” di Grenouille; bellissimo il brano tratto dal romanzo dove il bambino pronuncia per la prima volta la parola “legno”:

“Nel sole di marzo, mentre era seduto su una catasta di ceppi di faggio che scricchiolavano per il caldo, avvenne che egli pronunciasse per la prima volta la parola «legno». Aveva già visto il legno centinaia di volte, aveva sentito la parola centinaia di volte. La capiva anche, infatti d'inverno era stato mandato fuori spesso a prendere legna. Ma il legno come oggetto non gli era mai sembrato così interessante da darsi la pena di pronunciarne il nome. Ciò avvenne soltanto quel giorno di marzo, mentre era seduto sulla catasta. La catasta era ammucchiata a strati, come una panca, sul lato sud del capannone di Madame Gaillard, sotto un tetto sporgente. I ceppi più alti emanavano un odore dolce di bruciaticcio, dal fondo della catasta saliva un profumo di muschio, e dalla parete d'abete del capannone si diffondeva nel tepore un profumo di resina sbriciolata.
Grenouille era seduto sulla catasta con le gambe allungate, la schiena appoggiata contro la parete del capannone, aveva chiuso gli occhi e non si muoveva. Non vedeva nulla, non sentiva e non provava nulla. Si limitava soltanto ad annusare il profumo del legno che saliva attorno a lui e stagnava sotto il tetto come sotto una cappa. Bevve questo profumo, vi annegò dentro, se ne impregnò fino all'ultimo e al più interno dei pori, divenne legno lui stesso, giacque sulla catasta come un pupazzo di legno, come un Pinocchio, come morto, finché dopo lungo tempo, forse non prima di una mezz'ora, pronunciò a fatica la parola «legno». Come se si fosse riempito di legno fin sopra le orecchie, come se il legno gli arrivasse già fino al collo, come se avesse il ventre, la gola, il naso traboccanti di legno, così vomitò fuori la parola. E questa lo riportò in sé, lo salvò, poco prima che la presenza schiacciante del legno, con il suo profumo, potesse soffocarlo. Si alzò a fatica, scivolò giù dalla catasta, e si allontanò vacillando come su gambe di legno. Per giorni e giorni fu preso totalmente dall'intensa esperienza olfattiva, e quando il ricordo saliva in lui con troppa prepotenza, borbottava fra sé e sé «legno, legno», a mo' di scongiuro.

Così imparò a parlare.”


"Colui che domina gli odori, domina il cuore degli uomini."
Così viene presentato il romanzo, nella prima di copertina.
Io credo invece che agli odori dobbiamo lasciarci andare, senza controllare nulla: essi sono un dono meraviglioso ricevuto dal divino, e chissà se il vostro Risveglio non possa avvenire proprio così.

Enrico D'Errico
 egosumanima






10 novembre 2014

La storia segreta del nostro nemico più dolce: lo zucchero 2)


Come sapete mi sta davvero a cuore il problema dello zucchero; ne parlo nel mio libro, sulla pagina fb, e in due video youtube. Su questo blog il precedente articolo risale al 28 novembre 2013 e così mi accingo finalmente a parlarne nuovamente. Ribadisco ancora una volta che, pur essendo macrobiotico da molti anni, non ho un atteggiamento rigido nei confronti dei cibi che in genere in questo stile di vita non vengono considerati vantaggiosi per l'alimentazione quotidiana. E' evidente che quel che conta è soprattutto l'approccio che ho nei confronti del cibo: è impensabile che un uomo evoluto non sia libero di mangiare quel che gli pare. L'essere umano è in grado di sublimare, alchemizzare qualsiasi alimento e renderlo idoneo alle proprie necessità.
Ho osservato per molti anni l'effetto che diversi cibi hanno sul mio stato fisico, emotivo e mentale; conosco i miei bisogni e mi alimento di conseguenza ma so anche che se mangio pensando che un certo alimento possa farmi male esso effettivamente mi creerà danno; mentre se mangio non con la testa ma con il cuore, accettando come un dono del cielo qualsiasi cibo mi venga offerto, il risultato è sempre ottimo, anche nel caso abbia sulla mia tavola solanacee, uova, carne o formaggi, alimenti che in genere non consumo.


Tuttavia lo zucchero utilizzato nella produzione industriale di molti alimenti o quello che aggiungete alle vostre bevande ha qualcosa che lo rende diverso da altri nutrimenti disponibili: esso non esiste così in natura. C’è zucchero nella frutta e nei carboidrati come pasta, pane e cereali; c’è zucchero persino nel latte…..eppure l’uomo moderno ha pensato di creare una polverina bianca e magica da aggiungere un po’ dappertutto!
Il processo di lavorazione del succo della canna e della barbabietola da zucchero priva questi vegetali di tutte le sostanze che contengono naturalmente e lo rende più che un alimento una vera e propria sostanza chimica super concentrata. L’organismo fa una gran fatica a elaborarlo e questo semplicemente perché stenta a riconoscerlo dal momento che i vegetali “integrali” da cui è tratto contengono sostanze scomparse nello zucchero che acquistiamo e consumiamo. E dato che i minerali che la canna contiene in origine sono indispensabili per una sua corretta assimilazione, allora il sistema digerente li cerca nel corpo; ad esempio, visto che il succo della canna contiene molto calcio, il nostro organismo il calcio che manca lo va a pescare nei denti e nelle ossa. Questo la moderna scienza dell’alimentazione lo sa eppure la medicina di stato lo ignora caparbiamente, probabilmente non solo per mancanza di conoscenza ma anche per un meccanismo perverso per cui se ci ammaliamo creiamo un utile economico alla società che, dal momento che siamo supini fruitori di tutto ciò che ci propina, si arricchisce con le medicine e i nostri ricoveri ospedalieri.

Nel post precedente ho menzionato parti di un testo davvero importante: “Sugar blues, la storia segreta del nostro nemico più dolce”. Ora vi riporterò alcuni brani di un altro libro: “Puro, bianco ma nocivo” di John Yudkin.

- Dal capitolo 1:
“L’impiego dello zucchero è abbastanza frequente in tutte le nostre attività vitali, e quasi tutti ritengono che esso costituisca semplicemente un attraente dolcificante, uno dei numerosi carboidrati presenti nella dieta di numerosi paesi civilizzati. Lo zuccherò però in realtà è una sostanza del tutto particolare. Esso presenta caratteristiche chimiche peculiari per quanto riguarda la pianta che lo produce, per le sostanze che i chimici possono trarre da esso, e per il suo impiego nei cibi, sia sul piano familiare che su quello industriale. Soltanto ora le ricerche cominciano a dimostrare che è anche dotato di effetti del tutto peculiari nell’organismo umano, diversi da quelli di altri carboidrati. Poiché esso comprende circa un quinto delle calorie totali consumate nei paesi più sviluppati, è essenziale che si conosca in modo più approfondito quanto accade in chi lo ingerisce sotto forma di cibo e di bevanda.
E’ abbastanza curioso che non soltanto il profano, ma anche il medico e il ricercatore, abbiano ritenuto sino a epoca recente che non fosse necessario approfondire in modo particolare gli studi sullo zucchero. Sin da quando l’uomo ha cominciato a produrre il suo cibo, invece di raccoglierlo e di cacciarlo, la sua alimentazione si è arricchita di notevoli quantità di carboidrati: non sembra che alcuno abbia fatto differenza sul fatto che questo carboidrato derivasse quasi interamente dall’amido presente nel grano, nel riso o nel mais, oppure se l’amido venisse gradualmente sostituito da crescenti quantità di zucchero, come si è verificato negli ultimi 200 o 300 anni.

- Qui si parla delle malattie cardiovascolari in relazione al consumo di zucchero:
“Attualmente esistono poche persone che non sanno che le malattie di cuore e del sistema circolatorio, causa numero uno di morte, sono state associate alla presenza eccessiva dei grassi nel sangue; quasi tutti poi accettano l'affermazione successiva, avanzata da molti medici e specialisti dall'alimentazione, e cioè che l'alta concentrazione di grassi nel sangue è causata de un'elevata assunzione di grassi.
John Yudkin, docente di fisiologia presso il Queen Elizabeth College dell'università di Londra, specialista di alimentazione e di dietetica e ora professore di scienza dell'alimentazione, ha concezioni diverse sull'argomento. Le ha presentate in una serie di lavori scientifici raccolti nel suo libro Sugar; Chemical, Biological and Nutritional Aspects of Sucres (Lo zucchero: aspetti chimici, biologici e nutritivi del saccarosio), curato da Yudkin, Edelman e Hough (1971). Egli ha riassunto le sue scoperte per il pubblico comune nel suo libro Sweet and Dangerous del 1972 (Puro, bianco ma nocivo. Il problema dello zucchero, Vitalità, Torino). Yudkin si rifaceva alla teoria sui grassi, ampiamente diffusa, stampata in una pubblicazione di Ancel Keys, dell'università del Minnesota. "nel 1953", scrisse Yudkin, "Keys attirò l'attenzione sul fatto che in sei differenti paesi esisteva una relazione altamente significativa fra l'assunzione dei grassi ed il tasso di mortalità a causa di malattie coronariche. Questo è stato certamente uno dei più importanti contributi allo studio delle malattie di cuore. Da esso scaturirono valanghe di relazioni da parte di altri ricercatori di tutto il mondo; esso ha cambiato il regime alimentare di centinaia di migliaia di persone; e ha fatto guadagnare somme ragguardevoli ai produttori dei cibi previsti in queste diete speciali".
In contrasto con il fatto che il pubblico accettasse generalmente che le malattie coronariche sono causate da un'elevata assunzione di grassi animali (saturi) e di cibi contenenti colesterolo. Yudkin stesso ha dimostrato che, proprio negli stessi paesi, la correlazione fra le malattie coronariche e l'assunzione di zucchero è molto maggiore che non per l'assunzione di grassi. Egli aveva scoperto che le persone afflitte da malattie alle coronarie avevano ingerito una maggiore quantità di saccarosio - lo zucchero ordinario - di quelle che non ne erano affette e nel suo libro scrive: " Nessuno ha mai dimostrato qualche differenza nel consumo dei grassi fra le persone che soffrono di disturbi coronarici e quelle che ne sono esenti; questo fatto, però, non ha mai fatto desistere il dottor Keys ed i suoi seguaci dal sostenere le loro tesi". L'osservazione di Yudkin è stata confermata da uno studio epiedemiologico, su larga scala e di lunga durata, riguardante la popolazione di Framingham, nel Massachusett, condotto sotto gli auspici dell'Istituto Nazionale per la Salute, che non ha rivelato correlazioni fra l'assunzione di grassi e l'incidenza delle malattie di cuore. Nondimeno, forse a causa di grossi interessi economici, persiste una reciproca corrispondenza fra consigli dati dal medico e la volontà del pubblico, Questa idea è perciò dura a morire.
Le malattie cardiache, che circa un secolo fa erano rarissime, attualmente sono una delle cause principale di morte. Nel 1957, Yudkin riferì di uno studio, condotto in quindici paesi, sull'aumento del tasso della mortalità provocata dalle malattie alle coronarie in relazione all'assunzione media di zucchero. Il tasso di mortalità su 100.000 persone aumenta costantemente da 60 in seguito ad un'assunzione di 9 kg di zucchero all'anno, a 300, per un'assunzione di 54 kg. all'anno, e quindi, molto più bruscamente, a 750 per 77 kg. di zucchero all'anno.
Nel 1967, Yudkin ed i suoi collaboratori riportarono i risultati di due studi sull'assunzione media di zucchero (effettuati alcuni anni prima che la malattia si manifestasse) da parte di sessantadue pazienti maschi di Londra con infarto miocardio o malattie delle arterie periferiche, e su altri cinquantotto soggetti campione maschi, di cui alcuni erano sani, mentre altri erano ospedalizzati per altre malattie. Tutti i soggetti avevano un'età variabile fra i 45 ed i 65 anni, la media era di 55.
L'assunzione media di zucchero da parte degli uomini che soffrivano di malattie cardiovascolari era di 63 kg. all'anno, e quella dei soggetti campione in osservazione era di 36 kg. all'anno. Questa differenza ha un alto significato statistico, essendo il margine di sicurezza calcolato superiore al 99.999 per cento. Siamo portati a concludere che gli uomini che ingeriscono molto zucchero corrono rischi di gran lunga maggiori di ammalarsi di cuore, in un'età variante fra i 45 e 65 anni, rispetto a quelli che ne ingeriscono quantità inferiori. Il secondo studio diede essenzialmente gli stessi risultati.
Il lavoro di Yudkin è stato criticato perché il suo metodo per determinare l'assunzione di saccarosio (interrogando il paziente sulle sue abitudini alimentari entro le tre settimane successive alla sua ospedalizzazione) non è considerato affidabile. Egli condusse un'indagine per controllare questo punto e giunse alla conclusione che il suo metodo era altrettanto affidabile quanto quello tanto più elaborato degli alimentaristi.
Le malattie coronariche, inclusa l'angina pectoris che, a causa dei suoi sintomi impressionanti, non deve essere stata certamente ignorata dai medici dei secoli passati, sembrano essere tipiche dei tempi moderni. Sono state riportate nella letteratura medica soltanto negli ultimi cento anni, La loro incidenza in aumento va pari passo con l'aumentato consumo di zucchero e non è affatto correlata con il consumo di grassi animali (grassi saturi) o dei grassi in generale.
Yudkin cita parecchi studi che indicano chiaramente che il saccarosio, e non i grassi animali, fa la parte del "malvagio" nella storia delle malattie di cuore. Il dottor A.M. Cohen di Gerusalemme scoprì che gli ebrei yemiti che risiedevano in Israele da soli dieci anni o ancor meno presentavano scarsi disturbi coronarici, mentre coloro che abitavano in Israele da venticinque anni ne soffrivano in misura rilevante. Nello yemen, il loro regime alimentare era ricco di grassi animali e povero di zucchero, mentre in Israele avevano adottato la dieta comune ad elevato contenuto di zucchero. Questa affermazione mostra chiaramente che una dieta di grassi saturi non conduce necessariamente ad un'alta incidenza di malattie coronariche, ma conferma la conclusione di Yudkin, e cioè che un regime ricco di zucchero comporta malattie coronariche.

Inoltre, le tribù Masai e Sumburu dell'Africa Orientale si nutrono sopratutto di latte e carne e, di conseguenza, consumano una grande quantità di grassi animali, nondimeno presentano una bassissima incidenza di malattie di cuore.
In passato, la popolazione nera del Sudafrica ne era totalmente esente; durante gli ultimi dieci anni il loro consumo di zucchero è aumentato notevolmente e l'incidenza delle malattie coronariche è parallelamente aumentata in modo rapido. L'evidenza epidemiologica di una correlazione fra la quantità di colesterolo nel sangue, se non nella dieta, e l'incidenza delle malattie di cuore è del tutto convincente. Quando il livello del colesterolo sarà sceso, diminuirà anche l'incidenza delle malattie coronariche. Il procedimento consigliato per diminuire il livello del colesterolo è di limitare drasticamente l'assunzione di uova, carne e altri alimenti che lo contengono. Il colesterolo ingerito attraverso gli alimenti non va tuttavia direttamente in circolo. Potrebbe anche darsi che esista un altro sistema più efficace rispetto a quello di ridurre l'ingestione di colesterolo: si tratterebbe cioè di mutare l'assunzione di quegli alimenti coinvolti nella sintesi e nella distruzione del colesterolo. In modo molto convincente, Yudkin ha inserito il saccarosio in questa categoria.”

Detto ciò vi suggerisco caldamente di ridurre gradualmente il consumo di zucchero – e di tutti gli alimenti in commercio che lo contengono – fino ad arrivare a eliminarlo del tutto.
Esso è davvero un veleno per l’organismo e ve ne accorgerete solo quando non lo consumerete più. Avrete maggiore energia e lucidità, cose davvero indispensabili in un percorso in evoluzione verso il risveglio della coscienza.

Enrico D’Errico
 egosumanima