Ci sono giorni, e questo è proprio uno di quelli, mie care sorelle, fratelli e amici, nei quali io mi sento particolarmente “uno” con voi; ed è così gradevole pensarvi, sapere che state facendo nelle vostre case le comuni cose che faccio anch’io, come spogliarmi e vestirmi, lavarmi la faccia al mattino, aprire le finestre per cambiare aria alla stanza dove ho trascorso la notte….
A uno sguardo distratto queste parole possono sembrare
banali o prive di significato, ma sono sicuro che invece molti fra voi
percepiranno il senso di trepidazione con cui scrivo, leggeranno fra le righe
anche ciò che scritto non è.
Mi trovo in un piccolo paese in provincia di Belluno, a
circa 60 chilometri da Cortina d’Ampezzo; anche a Roma o Milano mi è possibile raggiungere
simili stati di beatitudine ma la montagna o la campagna mi sono più favorevoli.
Spesso, a chi frequento più intimamente, racconto di aver vissuto 25 anni in
campagna e due anni sul mare, in una barca, da solo.
So bene che, ogni tanto, se voglio veramente centrarmi ed
elevare ulteriormente la mia consapevolezza, è necessario che abbandoni il
ritmo intenso della vita metropolitana, che mi allontani da tutti coloro che si
ostinano a dormire, chiusi nella loro gabbia dorata.
Proprio in merito a questo aspetto, tra i libri trovati
nella casa che mi ospita, sto rileggendo “La vita reale” di George I.
Gurdjieff.
Dalla pagina 21 del testo edito da Europa Libri trascrivo
quanto segue:
‘Lavorando e vegliando costantemente
su me stesso, senza pietà per le mie debolezze naturali, ero giunto ad ottenere
quasi tutto ciò che all’uomo è possibile; in alcuni campi ero giunto perfino ad
un potere che forse non era mai stato raggiunto, neppure nelle epoche passate.
Per esempio, avevo sviluppato il potere del mio pensiero ad uno stadio tale che
ero capace di accumulare in un giorno una forza vitale di tale intensità che
potevo addormentare un elefante nel giro di cinque minuti.
Tuttavia, malgrado tutti i miei desideri e i miei sforzi, non potevo
ancora riuscire, durante lo svolgimento della vita in comune con gli altri,
a “richiamarmi a me stesso” e a manifestarmi non secondo le tendenze della
natura, ma secondo le direttive del cosciente in stato di raccoglimento.
Non potevo arrivare ad un grado
di “richiamo di sé” tale da impedire al corso delle associazioni che si
sviluppavano automaticamente dentro di me di dipendere da certi fattori indesiderabili della mia natura che mi erano
stati trasmessi ereditariamente.’
Molto interessante, vero?
Quindi mi pare che in questo dettagliato resoconto di
Gurdjieff possano essere messi in risalto due aspetti: del primo ho già
accennato quando ho affermato di avere difficoltà a mantenere o ritrovare il
mio centro se vivo per troppo tempo sempre e solo a contatto di persone prive
di equilibrio e che dormono il sonno della coscienza.
Il secondo aspetto - che aggrava il primo - riguarda il
fatto che nei nostri corpi sono anche presenti aspetti caratteriali ereditati
dai nostri antenati.
Sono da alcuni anni allievo di Alejandro Jodorowsky e
rileggendo le parole di Gurdjieff mi rendo conto di quanto fosse avanti nel
tempo con il suo tipo di ricerca e sui risultati che aveva ottenuto in merito a
ciò che ora viene chiamato “Psicogenealogia” o “Costellazioni familiari”.
L’amico e compagno di viaggio Salvatore Brizzi ci ricorda però che il grande
maestro armeno è morto settant’anni fa e il suo lavoro è morto con lui.
Amo molto Gurdjieff e anche io, come Sbrizzi, probabilmente
non sarei qui a parlare di certe cose con voi se non avessi letto i suoi testi
e non mi fossi impregnato del suo spirito.
Certo è però che restare attaccati in maniera tenace e direi
caparbia alla Quarta Via non può che recare danno e impedirci di scorrere col
flusso dell’Esitenza e danzare al ritmo della Vita.
Enrico D’Errico
egosumanima