7 maggio 2014

L’amore sa anche ruggire come un leone

"Ho insegnato alla gente solo amore e silenzio, e sono stato trattato come un criminale… e da gente che non fa altro che parlare di ideali di libertà, democrazia, libertà di pensiero e di espressione, libertà di ogni individuo di essere se stesso. Tutto il mio insegnamento può essere riassunto in una semplice frase: reverenza per la vita e per la libertà. Ma l’amore deve imparare a non essere solo un bocciolo di rosa. Quando si accorge che il momento è giunto, deve diventare una spada. L’amore sa anche ruggire come un leone. L’amore non è soltanto dolce poesia; se l’amore fosse solo dolce poesia, non potrebbe sopravvivere, in questo mondo di pazzi. Deve essere forte: più forte dell’odio, più forte della rabbia; deve essere simile al ruggito di un leone… ma anche quando gridi, il tuo urlo dovrebbe scaturire dall’amore, dalla compassione, in modo che i sordi possano sentire e chi è cieco possa finalmente vedere".   Osho


"Non pensate che io sia venuto a mettere pace sulla terra; non sono venuto a mettere pace, ma spada.  Poiché sono venuto a causare divisione, ponendo un uomo contro suo padre, e la figlia contro sua madre, e la giovane nuora contro sua suocera. In realtà, i nemici dell’uomo saranno quelli della sua propria casa. Chi ha più affetto per padre o madre che per me non è degno di me; e chi ha più affetto per figlio o figlia che per me non è degno di me. E chi non accetta il suo palo di tortura (la sua croce) e non mi segue non è degno di me. Chi avrà trovato la sua anima la perderà, e chi avrà perduto la sua anima per causa mia la troverà."  Gesù, il Cristo.


Queste parole di Gesù sono riferite nel Vangelo di Matteo, nel contesto del discorso rivolto ai discepoli inviati ad annunziare il regno di Dio con gesti di liberazione e di salvezza: «Strada facendo proclamate che il regno dei cieli è vicino: guarite gli infermi, risuscitate i morti, sanate i lebbrosi, cacciate i demoni» (Mt 10,7-8). Una sentenza dello stesso tenore si trova nel Vangelo di Luca: «Pensate che io sia venuto a portare la pace sulla terra? No, vi dico, ma la divisione» (Lc 12,51).Queste dichiarazioni di Gesù sembrano in contraddizione con il suo insegnamento e il suo impegno per la pace e la riconciliazione in situazioni di ingiustizia e violenza. Infatti nel discorso del monte ai discepoli egli propone di praticare la «giustizia» sovrabbondante come condizione per entrare nel regno dei cieli (Mt 5,20).Gesù rovescia il criterio della giustizia intesa come equilibrio tra delitto e pena - «occhio per occhio e dente per dente» - e invita a non resistere al malvagio violento, ma esorta i discepoli a cambiare la situazione di ingiustizia con gesti di amore attivo. A conferma di questa scelta di «non-violenza attiva», ispirata dall’amore che abbraccia anche il nemico, Gesù rifiuta la difesa armata e affronta la morte. Al momento del suo arresto nel giardino del Getsemani uno dei discepoli mette mano alla spada per opporvisi, ma Gesù gli dice: «Rimetti la spada nel fodero, perché tutti quelli che mettono mano alla spada periranno di spada» (Mt 26,52). L’arresto e la condanna di Gesù a morte sono la conseguenza delle sue prese di posizione nei confronti delle istituzioni e delle autorità che tollerano o favoriscono la ingiustizia e la discriminazione dei più poveri e indifesi. Egli denuncia la ipocrisia di quelli che dicono e non fanno, impongono pesi insopportabili sulle spalle della gente, ma essi non li muovono neppure con un dito (cf. Mt 23,3-4). Di fatto Gesù con i suoi gesti a favore dei disabili e dei peccatori, degli stranieri e delle donne, diventa «segno di contraddizione» come ha preannunziato il vecchio Simeone rivolgendosi a sua madre nel tempio (Lc 2,34). Con la sua azione e con le sue parole Gesù porta allo scoperto le forme di ingiustizia e di violenza mascherate dalla facciata di perbenismo e di osservanza formale della legge. Sotto questo profilo egli si colloca nell’alveo della tradizione dei profeti biblici che denunciano l’ipocrisia dei capi e delle guide del popolo di Dio. Il profeta Michea, a metà del settimo secolo a.C., traccia questo ritratto del falso profeta:«Così dice il Signore contro i profeti che fanno traviare il mio popolo,che annunziano la pacese hanno qualcosa tra i denti da mordere,ma a chi non mette loro niente in bocca dichiarano la guerra» (Mc 3,5). Egli denuncia la corruzione di quelli che in nome della legge dovrebbero difendere i diritti dei poveri:«Udite questo, capi della casa di Giacobbe… che aborrite la giustizia e storcete quanto è retto ,che costruite Sion sul sangue e Gerusalemme con il sopruso:i suoi capi giudicano in vista di regali,i suoi sacerdoti insegnano per lucro,i suoi profeti danno oracoli per denaro» (Mic 3,9-11). Questo rimando alle parole del profeta del settimo secolo per inquadrare l’azione e l’insegnamento di Gesù sulla giustizia è giustificato dal fatto che egli conferma la sua parola sulla spada proprio con le parole del profeta Michea che parla della corruzione generale che precede il giudizio di Dio: «L’uomo pio è scomparso dalla terra, non c’è più un giusto fra gli uomini: tutti stanno in agguato per spargere sangue;ognuno dà la caccia con la rete al fratello. Le loro mani sono pronte per il male; il principe avanza pretese, il giudice si lascia comprare, il grande manifesta la cupidigia e così distorcono tutto…. Il figlio insulta suo padre, la figlia si rivolta contro la madre, la nuora contro la suocera e i nemici dell’uomo sono quelli di casa sua» (Mic 7,1.3-6; cf. Mt 10,35).Gesù dunque con la sua sentenza sulla spada non fa altro che portare alla luce le radici profonde della divisione che spezza anche i legami vitali e sacri della famiglia. Con una parola provocatoria di stile profetico Gesù invita a smascherare le situazioni di ingiustizia e di violenza per costruire la pace su rapporti nuovi tra le persone.