Ultimamente sogno moltissimo: a volte per tutta la notte e fino alle prime ore del mattino. Spesso, nel momento del risveglio, quando ancora la mente tace e la pancia non vibra con emozioni deviate e distorte, arriva la comprensione istantanea e agghiacciante di una verità.
Per un solo momento è come se qualcuno, mettendomi con le
spalle al muro mi dicesse: “Vedi, Enrico, è proprio così”. Poi, basta un
niente, il profumo del caffè che invade la casa, il bimbo del piano di sopra
che come sempre (ovviamente dico io) non vuole andare all’asilo, una
preoccupazione qualsiasi, come doversi ricordare dell’affitto da pagare eeeeee oplà!
è come entrare in uno stato catatonico, come se qualcuno
rinnovasse un quotidiano incantesimo, e io, per buona parte del giorno, non sono più
un’anima vivente ma un corpo che si trascina, anzi che mi trascina in una vita
meccanica senza alcun senso logico, etico, morale e religioso.
Stamane al risveglio mi è stato fatto comprendere perché a
volte rimaniamo colpiti da fatti di cronaca molto violenti; nel mio sogno
qualcuno mi aveva messo di fronte ad un grosso giornale pieno solo di
fotografie poste una accanto all’altra, primi piani a mezzo busto di persone
con sotto una didascalia che descriveva il crimine o il danno che avevano
subito.
Erano volti di uomini e donne come me; in quel momento di
verità non li vedevo come semplicemente appartenenti alla massa, parte di un
branco senza importanza; stavolta coloro che avevo di fronte agli occhi erano
miei fratelli e sorelle: anime che attraverso il loro corpo avevano fatto
esperienza di orrori impressionanti, sopravvivendo appena per poter essere
immortalati da un valente fotografo.
Stamane guardando quei volti ho visto in maniera chiara e
indiscutibile perché in genere si reagisce con sgomento a certe immagini e si
prendono le distanze, giudicando frettolosamente la condotta bestiale di chi ha
commesso il crimine: ci comportiamo così perché talvolta, in particolari
circostanze, potremmo fare la stessa cosa anche noi; spinto da situazioni
“limite”, mosso da pensieri ed emozioni di pura sopravvivenza, anche io sarei
in grado di commettere gli stessi crimini. Anzi ovviamente la verità è che io
ho fatto già esperienza di quasi tutte le situazioni descritte in quelle foto,
e cioè sono già stato oggetto di ognuna di quelle aggressioni e ho commesso
ciascuno di quei crimini; intendo dire che ho subìto e commesso tali cose sia
nelle mie precedenti incarnazioni sia che le sto commettendo ancora ora come parte
di un’umanità unita in una sola creatura vivente, sia perché spesso io non sono
ancora pronto per l’unica cosa giusta da fare: dedicarmi al Cristo vivente, immolare
quindi me stesso affinché un giorno più nessuno dei miei fratelli debba soffrire.
E’ quindi questo insieme di verità apparentemente complesso
ma in realtà semplice, che mi colpisce quando sono portato di fronte ad un
fatto doloroso.
Io non sono io, ancora una volta mi appare con chiarezza;
non sono ciò che facilmente mi appare; io sono un’anima che sta prendendo
sempre più consapevolezza di sé mediante i corpi che di volta in volta mi
prendo per fare esperienza sul pianeta. Io sono un’anima che fa parte di un
corpo animico enorme e meraviglioso; sono spinto dalla forza evolutiva a
incarnarmi innumerevoli volte e provare ogni genere di esperienza, per arrivare
gradualmente a capire chi sono attraverso chi o cosa non sono; scendo continuamente
nella materia densa e grezza abbandonandomi ad essa per essere guidato dalle
emozioni più grossolane e da pensieri primitivi, lasciando andare pian piano i
comportamenti che, come anima, sento come meno corrispondenti a ciò che realmente
sono. E’ come se, essendo costantemente in contatto, - all’inizio minimo, poi via
via più consistente - con la Creatura perfetta che sono, cioè Dio, decidessi
quali esperienze non mi servono più e quali altre devo invece ancora fare;
esiste proprio un continuo raffronto con la mia perfezione divina da cui
provengo e che mi dice se ciò che faccio mi somiglia o meno.
Enrico D'Errico
Enrico D'Errico