22 agosto 2014

IL MAESTRO

Osservarsi è meraviglioso.
All’inizio questo Lavoro su di sé è decisamente faticoso e necessita di sforzo e impegno costante; spesso ci infastidisce il fatto di vedere che riusciamo a focalizzarci su noi stessi solo per pochi momenti al giorno, e ci scoraggiamo. 
Ma lamentarsi ci fa perdere proprio l’energia che serve per osservarci: ecco quindi il circolo vizioso in cui intrappoliamo noi stessi.

A volte però col tempo riusciamo a gestire meglio le nostre emozioni inferiori, quindi la presenza aumenta e ci ricordiamo di noi stessi sempre più frequentemente.
Continuando a lavorare in maniera indefessa, un bel giorno la grazia scende su di noi a ridestarci finalmente dal sonno.
Naturalmente ciò non significa che chi è risvegliato non abbia più bisogno di osservarsi: restano - e ci saranno sempre – zone d’ombra su cui portare luce, meccanismi da stanare, caratteristiche da alchimizzare.



Oggi il Maestro mi ha ripresentato un vecchio compito che avevo riconsegnato in bianco, irrisolto: riguarda la relazione con Francesco, mio padre.
Parlare, comunicare con lui mi riusciva molto difficile; io tentavo ripetutamente di instaurare spazi e tempi in cui potergli parlare, aprirgli il mio cuore affinché potesse conoscermi e di conseguenza guidasse il mio cammino. Ma il muro del suo giudizio su di me era irremovibile; era impossibile scalfire la sua costante determinazione a mostrare il suo disprezzo e la disistima per quel che ero e ciò che facevo.
Mi chiusi in me stesso sempre più e ormai i nostri contatti erano sparuti e in genere utilizzati solo per litigare. Soffrivo molto e dentro me crescevano di giorno in giorno l’acrimonia e l’amarezza. Da un lato sentivo presente in profondità la mia missione ma non sapevo come liberarmi dalla morsa dell’angoscia generata dal pesante giudizio di mio padre. 
I miei talenti erano già emersi in modo evidente ma mi sentivo costretto a esprimerli quasi di nascosto, come un ladro, come uno che non fa quel che dovrebbe per essere accettato dalla famiglia e dalla società.

Francesco, come sapete, faceva il notaio e certo gli era difficile stimare un figlio poeta, scrittore e musicista; non corrispondevo per nulla al suo modello ideale per me: percorso di studi brillante, laurea in legge e quindi una carriera nella magistratura, oppure uno studio legale o notarile.
La distanza fra noi era molto grande e ormai, quando lui a 75 anni si ritirò in pensione, non avevo neanche voglia di andarlo a trovare per sapere come stava.
Mamma Ornella – Tagliagambe di cognome!!! – ovviamente aveva espletato per tutta la vita il suo “sacro compito” di segare le gambe ai componenti della sua famiglia e vessava il marito in continuazione. Il lavoro di prendersi cura di lui era svolto da tre persone, incaricate e pagate da lei: un badante, un autista-giardiniere-stalliere tuttofare, una domestica.

Ma… vi dicevo del Maestro che ti ripresenta il compito….
A volte, quando ormai la capacità motoria di papà si era ridotta notevolmente, in assenza degli aiutanti incaricati, mi capitò di dovere per forza farlo camminare, nutrire e lavare. Sapeste quanto mi pesava quel compito e come mi fosse difficile manifestargli premura e interesse!
Tentavo di trovare ogni scusa possibile per non andare a casa dei miei e un giorno mio padre morì lasciando dentro me rimorsi e un compito che non avevo saputo risolvere.

Ecco, oggi, in un lampo di comprensione lacerante e gioiosa, ho visto con chiarezza che questo compito mi è stato riproposto e stavolta lo sto risolvendo con successo. Come? Ora ve lo spiego.

Come alcuni di voi sanno sto lavorando per una persona che mi ha incaricato di insegnarle a prendersi cura di sé; lo sto facendo tramite l’alimentazione e anche attraverso conversazioni riguardanti l’osservazione. La situazione però è più complessa del previsto in quanto in casa sua vive anche il padre, molto anziano e alcolista da almeno 60 anni.
Oltre che svolgere i miei compiti pattuiti mi sono trovato a dovermi incaricare di gran parte dei lavori domestici, la cura dell’orto, del pollaio e il taglio del fieno. Svolgo questi lavori con fatica ma al tempo stesso sono molto gioioso di rendermi utile e di imparare tante nuove cose; ho vissuto in campagna per molti anni e amo questo genere di vita.
Ora a tutto quel che faccio si è aggiunto pure il prendermi cura del padre anziano ed è proprio in questa gravosa mansione che ho visto con stupore che “Il Maestro”, l’Esistenza, il divino, mi hanno riproposto a distanza di molti anni il compito che, avendo rinunciato ad occuparmi di Francesco, era necessario svolgessi e risolvessi.

Ogni volta che preparo e servo il pasto al padre della mia cliente, ogni volta che gli ricordo di prendere le medicine o stiro le sue camicie, mi sembra di lavorare come se lo stessi facendo direttamente per il mio babbo. Allora il tempo e lo spazio scompaiono, insieme alla fatica che i miei corpi stanno sperimentando più che mai.
So che sto sciogliendo un nodo karmico, so che sto liberando il mio gruppo familiare di un problema che si era incistato e cronicizzato da molte generazioni.

Sono fiero di me e grato al Maestro che non si è dimenticato di ripresentarmi il mio compito.

Cogliete al volo ogni opportunità la Vita vi porga lungo il cammino; non desistete mai dal Lavoro su di voi, continuate a scovare le vostre debolezze, gli aspetti della personalità più fragili, le qualità ancora grossolane e, ogni qualvolta l’Esistenza vi presenti ancora i compiti che avete riconsegnato in bianco, accettateli e risolveteli senza indugio:
osservarsi è meraviglioso.

Enrico D’Errico

 egosumanima