Guarda guarda.... persino il libro di Qoelet parla di lavoro su di sé!
"Mi sono proposto di ricercare ed esplorare con saggezza tutto ciò che si fa sotto il cielo. Questa è un'occupazione gravosa che Dio ha dato agli uomini perché vi si affatichino".Allora,che ne dite, non vi sembra molto interessante?
Interessante e chiaro, direi; dunque....vediamo.
Qui si parla di un'occupazione che è stata data agli uomini; e com'è tale occupazione? Gravosa.
Una gravosa occupazione dataci da Dio in persona e nella quale dovremmo impegnarci e faticare.
Ma la parte precedente del versetto ci fa capire quale sia questa occupazione e quale sia l'attitudine di colui che scrisse, il re Salomone.
Dalle parole "mi sono proposto..." si comprende che la ricerca e l'esplorazione erano qualcosa in cui aveva deciso di impegnarsi con determinazione; inoltre disse che voleva farlo con saggezza. Ma esplorare cosa? Tutto ciò che si fa sotto il cielo.
Esplorare con saggezza e determinazione tutto ciò che si fa sulla terra: questo è il lavoro in cui Dio si aspetta che ci impegniamo.
Il libro di Qoelet, o Ecclesiaste, mi è sempre piaciuto molto e ho notato, ancora una volta, come le Sacre Scritture ci riservino sempre nuovi significati, più abbondanti e profondi nella misura in cui cresce la nostra consapevolezza.
Qoelet ci fa capire che i nostri problemi non sono poi cambiati molto rispetto a quelli dell'umanità di 2000 anni fa.
Le persone sono sempre state impegnate in qualcosa che le allontana da loro stesse e li fa vivere in modo meccanico, poco significativo e vano.
E proprio di vanità si parla al capitolo 2 nei versetti da 1 a 11; qui Salomone narra di come si sia concesso ogni cosa desiderasse, ma alla fine la sua riflessione fu:
"E io, sì, io, mi volsi a tutte le mie opere che le mie mani avevano fatto e al duro lavoro per compiere il quale avevo lavorato duramente, ed ecco, ogni cosa era vanità e un correr dietro al vento, e non c’era nulla di vantaggioso sotto il sole".
Proseguendo nella lettura scopriamo che persino il re Salomone, uno degli uomini più saggi del suo tempo, aveva gli stessi meccanismi che hanno attualmente tutti gli esseri viventi, come la possessività, l'attaccamento, il bisogno di essere riconosciuto; queste caratteristiche si evincono dai versi da 17 a 19:
"E odiai la vita, perché l’opera che è stata fatta sotto il sole era calamitosa dal mio punto di vista, poiché ogni cosa era vanità e un correr dietro al vento. E io, sì, io, odiai tutto il mio duro lavoro a cui lavoravo duramente sotto il sole, che avrei lasciato all’uomo che sarebbe venuto dopo di me. E chi sa se egli si mostrerà saggio o stolto? Eppure avrà dominio su tutto il mio duro lavoro a cui lavorai duramente e in cui mostrai sapienza sotto il sole. Anche questo è vanità".
All'inizio del capitolo 4 si parla di oppressione, di prevaricazione e di competizione. Anche qui sembrano cose scritte da un nostro contemporaneo:
"E io stesso tornai a vedere tutti gli atti di oppressione che si compiono sotto il sole, ed ecco, le lacrime di quelli che erano oppressi, ma non avevano confortatore; e dalla parte dei loro oppressori c’era il potere, così che non avevano confortatore"Effettivamente dietro coloro che compiono atti oppressivi e prevaricatori c'è spesso il potere costituito, la società stessa o personaggi che comunque detengono un gran potere; ovviamente se ci si rivolge proprio a loro per ricevere conforto, non si può che uscirne delusi.
Il verso 4 descrive la rivalità, la competizione che esiste nel campo del lavoro:
"E io stesso ho visto tutto il duro lavoro e tutta l’abilità nell’opera, che significa rivalità dell’uno verso l’altro; anche questo è vanità e un correr dietro al vento".Interessante anche quello che possiamo considerare un vero e proprio elogio dell'ozio, contenuto sempre al capitolo 4, al versetto 6:
"È meglio una manciata di riposo che una doppia manciata di duro lavoro e correr dietro al vento".Molto belli e stimolanti sono anche i primi versi del quinto capitolo:
"Guarda i tuoi piedi ogni volta che vai alla casa del vero Dio; e ci sia un accostarsi per udire, anziché per dare un sacrificio come fanno gli stupidi, poiché essi non sono consapevoli di fare ciò che è male.Non affrettarti riguardo alla tua bocca; e in quanto al tuo cuore, non abbia fretta di proferir parola dinanzi al vero Dio. Poiché il vero Dio è nei cieli ma tu sei sulla terra. Perciò le tue parole devono essere poche".
Sto pensando anche a un altro passo di cui ho già parlato in questo blog; si trova in Matteo capitolo 6, i versetti 7 e 8:
"Ma nel pregare, non dite ripetutamente le stesse cose, come fanno le persone delle nazioni, poiché esse immaginano di essere ascoltate per il loro uso di molte parole. Non vi rendete dunque simili a loro, poiché Dio, il Padre vostro, sa quali cose vi occorrono prima che gliele chiediate".Quando ci accostiamo a Dio dovremmo prima di tutto essere disposti a udire, ascoltare piuttosto che parlare, parlare, parlare, magari per chiedere cose che il Padre già sta facendo per noi. Questa fretta di parlare, di proferir parola, testimonia che chi prega non ha una buona relazione con Dio, ma usa le parole di preghiere scritte da altri piuttosto che farle sgorgare dal suo cuore.
Lo studio della Parola di Dio, il lavoro su di sé, possono trasformare la qualità delle nostre preghiere e migliorare la nostra relazione col Padre.
Enrico D'Errico
