14 ottobre 2013

Conservare il vapore sul vetro della nostra esistenza

"Tentare di conservare il vapore sul vetro della nostra esistenza" è quel che facciamo quando abbiamo attaccamento alle persone, alle cose materiali ma anche alle nostre opinioni o abitudini. E in questo post, che fa seguito a quello del 16 settembre, continueremo a parlare di avarizia.



L'abate Evagrio raccontava: Un frate che possedeva soltanto un vangelo lo vendette per nutrire i poveri, dicendo queste memorabili parole: "Ho venduto la parola stessa che mi ordina 'vendi ciò che hai e dallo ai poveri' ". Questo apoftegma dei Padri del deserto ci interroga sulla Philarguria (avarizia) e sulla Pleonexia (avidità, cupidigia), passioni-malattie che i Padri uniscono insieme e pongono al terzo posto nella lista delle passioni. Se questa malattia si radica in noi, insegna San Nilo Sorsky, allora essa è peggiore di tutte le altre, infatti l'attaccamento al denaro è la radice di tutti i mali (1° Timoteo 6:10).

L'avaro si attacca a un oggetto esterno, qualunque sia, e si identifica con esso al punto che perdere quell'oggetto significa perdere sé stesso. Evagrio dice che la fonte di questo peccato è la paura. Gola e lussuria non sono sufficienti al suo bisogno patologico di sicurezza. Da questa paura nasce un vago senso di preoccupazione e un'insoddisfazione permanente che risucchia l'avaro nell'attivismo. Egli rifiuta di riconoscere che il futuro è nelle mani di Dio. 
Se sussiste qualche forma di preghiera essa è basata sul dare - avere: "Digiuno due volte la settimana....pago le decime di quanto possiedo..."(Luca 18:12). I numerosi meriti che ha acquisito gli danno - secondo lui - diritti anche su Dio.

La gestione dei beni spirituali può anche prendere piede e tramutarsi in sistema. Il fariseo in questione è anche ipocrita e traditore, poiché ritiene di poter giustificare il suo ammassare ricchezze: egli accumula per far del bene agli altri, per i poveri e per non dover dipendere da nessuno. Questo giustifica anche il suo impulso a fare carriera, precisa Evagrio, e a spingersi fino alle soglie dell'orgoglio.

Giovanni della Croce usa una splendida immagine: non ha importanza qual è lo spessore del legame che trattiene l'uccellino; può essere un filo sottile o una corda robusta, eppure l'uccellino non potrà mai prendere il volo. Con questa immagine il mistico conferma la teoria dei Padri che ritenevano che l'avarizia fosse una malattia grave dell'anima, che rivelava l'indurimento dello spirito, la tiepidezza dell'amore per Dio, una latente mancanza di coraggio e una fascinazione del mondo delle cose.

"Dov'è il tuo tesoro, là è il tuo cuore", queste parole di Gesù sono come una lama tagliente nel cuore dell'avaro, che non vive che di apparenze e di illusioni. Chiediamoci: quale è il tesoro a cui è attaccato il nostro cuore?
La chiamata alla povertà e allo spogliamento di sé risuona in tutta la Bibbia; è il fondamento stesso dell'alleanza perché il nostro unico bene è il Cristo.
Il problema spirituale non è tanto il possedere o il non possedere, ma è la libertà interiore, l'indipendenza dello spirito nei confronti delle cose. Questo spazio di libertà fra lo spirito e le cose restituisce la capacità di amare e, come dice san Paolo, di usare le cose senza usarle pienamente (1° Corinti 7:31). Colui che possiede questa libertà è maestro nel mondo; affida tutte le sue preoccupazioni a Dio e riceve dalle sue mani tutto ciò che gli serve.
"Nessuno può servire due padroni, o odierà l'uno e amerà l'altro, o preferirà l'uno e disprezzerà l'altro: no potete servire Dio e mammona" (Matteo 6:24)
Gesù riconosceva in Mammona  un'entità, quella del dio denaro che guida e governa gli uomini. Non è l'uomo a servirsi delle ricchezze, ma sono queste che lo sottomettono ai loro fini e lo dominano. Quante lotte per guadagnare e conservare i beni di questo mondo, per poter gioire dei piaceri che essi procurano...Attacchiamo a dei beni materiali il nostro cuore, che è il trono di Dio. L'avaro e l'avido usano le loro forze e la loro vita per correre dietro a delle ricchezze precarie. Quanti avvertimenti negli scritti dell'antico testamento!
"L'uomo dall'occhio cupido è impaziente di arricchire e non pensa che gli pioverà addosso la miseria (Proverbi 28:22)"
E il Signore Gesù a sua volta ricorda:
  "Guardatevi e tenetevi lontano da ogni cupidigia, perché anche se uno è nell'abbondanza la sua vita non dipende dai suoi beni (Luca 12:15)
E aggiunge, nella parabola dell'uomo ricco e avido che ha accumulato molti beni vuole riposarsi:
"Stolto! Questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato di chi sarà? (Luca 12:20)
Avarizia e avidità ispirano le rapine che spesso fanno scorrere sangue. Raggiri, truffe e frodi raggiungono tutti gli strati e tutti i settori della società. La gioventù è contaminata e le prigioni sono piene di giovani arrestati per furto o spinti all'omicidio per la bramosia, fortune vengono accumulate nella vendita di droga...Quante vite umane vengono inghiottite da queste montagne di denaro! Non possiamo coprirci gli occhi e considerare l'avarizia un difetto insignificante.

Spesso chi si arricchisce si appropria di ciò che non gli appartiene e impoverisce suo fratello; tutto il superfluo di cui mi circondo spoglia mio fratello, mentre Dio ha dato i suoi doni per tutti.
"A chi faccio torto, dice l'avaro, nel custodire ciò che mi appartiene?" Ma, dimmi, quali sono i beni che ti appartengono? Dove li hai presi? Rassomigli a un uomo che, prendendo posto a teatro, volesse impedire agli altri di entrare e intendesse gustare da solo lo spettacolo al quale tutti hanno diritto. Così sono i ricchi: si proclamano padroni dei beni comuni che hanno accaparrato solo perché li hanno presi per primi... Se ognuno custodisse solo ciò che è necessario per le comuni necessità, e lasciasse il superfluo a chi ne ha bisogno, la ricchezza e la povertà sarebbero abolite (san Basilio)